Accettare è dire sì invece di dire no. E’ aprirsi, invece di chiudersi. E’ andare incontro invece di opporsi.
Accettare non ha a che fare con il subire una situazione, con la stasi, con una condizione di impotenza e immobilità, come spesso si crede.
Accettare non è un obiettivo finale, un punto di arrivo; piuttosto è un atteggiamento interiore, un’energia di apertura, di espansione, di morbida fiducia di fronte a ciò che ci fa soffrire, che ci dà fastidio, che proprio non vorremmo vivere.
Nel Buddismo si spiega che la fonte di ogni sofferenza non risiede tanto nelle cose in sé che ci fanno soffrire, ma nel nostro opporci ad esse.
Di fronte ad una condizione che mi crea dolore io posso rifiutarla o accettarla. Nel primo caso senz’altro soffrirò. Nel secondo caso avrò la possibilità di imparare, di farmi ‘attraversare’ da essa e, nella calma della non-reazione (vero significato di non-violenza!) trovare soluzioni consapevoli per uscire dalla sofferenza.
In Oriente è noto l’esempio del giunco contrapposto alla quercia: il primo, con la sua elasticità e morbidezza, sa piegarsi senza rompersi durante la più temibile delle tempeste, seguendo e assecondando il movimento del vento e della pioggia; il secondo, con tutta la sua imponenza e forza, può spezzarsi irrimediabilmente se il vento è troppo forte…
Allo stesso modo l’uomo che di fronte alle tempeste della vita sa rimanere calmo e non opporsi, ma viceversa saprà cavalcare l’onda e immergersi in essa, potrà mantenere più facilmente il contatto con se stesso e con la Vita.
Ricordiamo che ogni no crea separazione e ci disconnette dall’essenza profonda della Vita che è Uno!
Naturalmente dire sì non significa necessariamente essere d’accordo! Ripeto, l’accettazione si riferisce a un’attitudine interiore. La sfida è quella di accettare con l’essere e al contempo sapersi dirigere altrove, se altrove è dove sento di voler andare.
Art: Vesuvio, A.Attanasio
GIU
2019