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E TU, COSA COMUNICHI?

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Forse non tutti sono consapevoli che “E’ impossibile non comunicare”, così come recita il primo assioma della comunicazione, postulato dal celebre psicologo e filosofo esponente della Scuola di Palo Alto Paul Watzlawick.
Anche se sto in silenzio, anche se apparentemente non entro in relazione con gli altri, anche se non esprimo ciò che provo o penso, comunque comunico qualcosa all’altro, forse la mia chiusura, la mia difficoltà, la mia timidezza, la mia diffidenza, la mia insicurezza, la mia arroganza, la mia stanchezza, la mia paura, il mio disinteresse, o forse la mia serenità, il mio benessere, la mia libertà, il mio desiderio di stare solo, ecc…qualcosa si comunica sempre.

Partendo da tale presupposto, credo valga la pena scegliere sempre di comunicare intenzionalmente! Essere cioè consapevoli di cosa comunichiamo (sia a livello verbale che corporeo) in contatto con il nostro mondo emozionale (cosa sto provando in questo momento?)

La parola ‘comunicare’ deriva dall’aggettivo latino ‘communis’ (comunione), formato da ‘cum’ e ‘munis’ che significa: condividere un compito, un ufficio, e rimanda all’idea di partecipazione, condivisione, scambio, reciprocità, unione.
Nell’accezione moderna il termine ha assunto il significato di trasmissione (di idee, informazioni, contenuti…) in una prospettiva unidirezionale.
Ma, come sempre, l’etimologia rivela il significato originario di questa fondamentale attività umana e i suoi presupposti imprescindibili.

Pensiamo a quante volte parliamo senza preoccuparci che l’altro abbia veramente compreso ciò che abbiamo detto, sazi delle nostre stesse parole stiamo in realtà parlando con noi stessi, bisognosi di vomitare parole, più che di creare il necessario spazio di accoglienza per quelle dell’altro: in questi casi falliamo la comunicazione.

E pensiamo a quante volte ascoltiamo le parole dell’altro, senza voler davvero comprendere cosa ci sta dicendo, con la testa e il cuore pregni di preconcetti, aspettative, giudizi, risposte pronte, ricerchiamo in realtà in quelle parole qualcosa che già conosciamo, che ci confermi, chiudendoci al nuovo e al diverso: anche in questi casi falliamo la comunicazione.

La comunicazione nel suo senso più autentico implica dunque una comunione, un’apertura all’altro, il desiderio di farsi un reciproco dono, donare parti di sè e al contempo partecipare dell’altro e venirne arrichiti.

La comunicazione (che non è il semplice parlare!) avviene in un modo fluido, automatico e profondo quando ci relazioniamo all’altro da cuore a cuore, e non solo da mente a mente, e quando la nostra comunicazione parte dalle nostre emozioni reali.
Mi pare allora un’ottima pratica quotidiana di consapevolezza osservare momento dopo momento cosa comunichiamo (volenti o nolenti siamo sempre in relazione!) e da dove origina la nostra comunicazione (dal desiderio di aver ragione, di affermare le nostre idee, di convincere l’altro…? o dal desiderio genuino di donarmi e di incontrare l’altro così com’è?).

Franca Soavi

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